martedì 2 giugno 2015

Le icone rivoluzionarie dell'ottocento

Nel 1851, Vincenzo Vela conclude su commissione di Giacomo e Filippo Ciani, al fianco dei quali aveva combattuto durante le Cinque Giornate di Milano, la Desolazione il monumento in memoria dei genitori. L’opera è portata in mostra all’esposizione braindense, insieme alla statua colossale dello Spartaco, lo schiavo ribelle che riesce a rompere il gioco della tirannia, nell’immagine femminile, della Desolazione, si può cogliere un’allusione politica all’Italia sconfitta e affranta a seguito degli esiti dei moti del 1848. Lo scultore decide di avvicinarsi all’iconografia funeraria in modo assolutamente inedito, sottraendosi dalla raffigurazione delle consuete immagini femminili consolatorie e rassicuranti, personificazione di virtù ideale, scegliendo invece di mettere in scena un dolore più che mai reale e tangibile a cui non è possibile dare nessuna risposta. Vela riesce a muoversi su due diversi registi tematici ed emotivi sovrapponendo al sentimento di dolore e di incapacità umana di accettare la morte, il dramma, altrettanto forte e lacerante, della caduta degli ideali e del successivo “ritorno all’ordine”, celando e nello stesso tempo urlando gli uni attraverso gli altri.
Spartaco (1847, modello in gesso, alto 208 cm, Museo Vela), e la Desolazione, presentati in esposizione a Brera nel 1851.

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